Viaggio da Itampolo a Lavanono ed escursione al parco di Cap Saint Marie
13 Giugno 2013
Le condizioni della pista tra Itampolo e Lavanono, che prevede anche l'attraversamento di due ampi fiumi non ancora completamente in secca, mettono a dura prova le capacità del mio autista e della vettura, ma di giunge infine a destinazione in orario e pronti per l'entusiasmante escursione del giorno seguente a Cap Saint Marie, il punto più meridionale del Madagascar, che ospita diverse specie di tartarughe terrestri tra le quali moltissime Geochelone radiata (tartaruga radiata) e svariate piante succulente endemiche solo di queste piccole colline.
La pista da Itampolo a Lavanono, lungo la costa meridionale del Madagascar, è in condizioni pessime ed è richiesto l'attraversamento di due fiumi, oltretutto vicino al loro estuario e quindi piuttosto larghi. Generalmente, questa pista è percorribile solo durante l'inverno, quando i fiumi sono in secca.
Attraverso il primo fiume, completamente in secca, senza particolari problemi.
Il secondo fiume invece ha ancora qualche pozzanghera e costringe a diversi tentativi prima di trovare il punto più sicuro dove effettuare l'attraversamento in 4x4. Alcuni contadini che portano regolarmente le mandrie di zebù ad abbeverarsi, danno preziose informazioni al mio autista e percorrono assieme a noi la deviazione richiesta. Inutile dire che non incontro altro veicolo motorizzato ormai da due giorni e che le uniche comunicazioni possibili sono via telefono satellitare, che ho prudenzialmente sempre portato con me durante tutto il viaggio.
In questo sperduto luogo del Madagascar meridionale, non troppo lontano dalle maggiori cittadine, ma infinitamente distante a causa delle infrastrutture inesistenti, contadini ed allevatori vivono in misere capanne di legno e fango. Da queste parti il denaro non ha quasi alcun valore, le persone chiedono ai pochissimi passanti che si avventurano fin qua, bottiglie di acqua minerale e qualche T-shirt, merce introvabile sul posto.
Le piante di
Opuntia, comunemente conosciute come "fico d'india" non sono endemiche del Madagascar ma, come tutte le
Cactaceae, sono originarie del continente americano. In passato però sono state importate per poterle allevare nel clima particolarmente favorevole del Madagascar meridionale, infatti queste piante succulente sono molto utili sia per i loro ottimi frutti e sia perché i cladodi (ovvero le "foglie") possono essere utilizzati per alimentare ed abbeverare gli zebù in caso di forti carestie o siccità, previa bruciatura sotto una fiamma delle minuscole spine che li ricoprono. I cladodi infatti contengono una mucillagine che costituisce la riserva idrica della pianta stessa, che gli zebù sono in grado di assimilare estraendone la preziosa acqua.
Continuo durante gran parte del tragitto ad avvistare numerose
Alluaudia, prevalentemente le
Alluaudia procera (foto in alto), anche se non mancano le
Alluaudia ascendens (foto in basso). Le piante, miste a grossi cespugli di
Opuntia, creano un ambiente paradisiaco e molto pittoresco per gli amanti delle piante grasse.
A volte le
Alluaudia vengono tagliate per costruire recinti, con le spine che fungono da una sorta di filo spinato. Altre volte il recinto viene addirittura costruito piantando
Alluaudia vive e lasciandole crescere.
A volte le
Alluaudia creano vere e proprie mini foreste, con tronchi e rami talmente fitti, da risultare impenetrabili. Anche se le
Alluaudia sono apparentemente abbondanti, non bisogna dimenticare che esse crescono soltanto in questa piccola regione del Madagascar e sono pertanto fortemente minacciate dall'abbattimento eccessivo e dal pascolo.
Dopo oltre nove ore trascorse su piste sconnesse e polverose, raggiungo finalmente Lavanono, un paesino di capanne e baracche sperduto ai confini del mondo, dove incredibilmente esiste un piccolo lodge gestito da un Francese, con tanto di orto botanico che ospita varie specie endemiche.
Da Lavanono, l'accesso al mare avviene tramite una grande spiaggia che si estende per chilometri.
La mia sistemazione con veranda in cima ad una scogliera. Davvero incredibile considerato dove mi trovo.
Il rovescio della medaglia è come al solito la doccia... le bottiglie di acqua lasciate ingegnosamente scaldare tutto il giorno sotto il sole e quel catino, dovrebbero far intuire come funziona... (comunque riuscivo a fare la doccia consumando solo 2 bottiglie).
Lavanono è il punto di partenza ideale per l'escursione a Cap Saint Marie, il punto più meridionale del Madagascar, oltre il quale ci sono soltanto migliaia di chilometri di oceano, prima dei ghiacci dell'Antartide. In corrispondenza del capo, c'è un faro tutt'ora in funzione e visitabile.
Il faro è alimentato da accumulatori che vengono ricaricati tramite un pannello solare di un paio di metri quadrati di superficie. La lampadina del faro è da soli 70 watt e grazie alla grande lente montata davanti, produce luce visibile fino a 37 chilometri di distanza.
Ma la vera attrattiva del parco nazionale di Cap Saint Marie, nell'estremo sud del Madagascar, è la popolazione di tartaruga radiata (
Geochelone radiata) endemica di questa regione.
Foto tartaruga radiata. Il musetto rosa di questo
Geochelone radiata indica che l'animale si è appena fatto una bella scorpacciata di fichi d'india ben maturi. Anche in questo caso, come spesso avviene, l'introduzione di una nuova specie vegetale da parte dell'uomo ha modificato le abitudini alimentari degli animali endemici.
Foto Cap Saint Marie, il punto più meridionale del Madagascar, oltre il quale c'è solo acqua fino ai ghiacci del polo sud.
Foto
Euphorbia capsaintemariensis. Questa succulenta è endemica di Cap Saint Marie e si tratta di una pianta rarissima ed in forte pericolo di estinzione a causa dell'areale di distribuzione molto limitato. Descritta per la prima volta da Rauh nel 1970, l'
Euphorbia capsaintemariensis è una caudiciforme (che possiede la base del fusto fortemente ingrossata ed adibita all'accumulo di riserve idriche) del colore simile alle rocce circostanti e di non facile individuazione, anche per le sue modeste dimensioni.
Altre foto di
Euphorbia capsaintemariensis: una macro ad un apice con la foglia ed un confronto con le dimensioni di un cavo USB (generalmente, di quei pochi turisti che arrivano fin qua, nessuno lo fa per le piante succulente microscopiche... lascio immaginare la faccia che può aver fatto il guardiano del parco nazionale quando mi ha visto tirar fuori un cavo USB e sdraiarmi completamente per terra per fotografare la piantina).
Una
Opuntia (fico d'india) appena nata.
Altra "reginetta" è l'
Aloe millotii, uno degli Aloe più piccolo del mondo, in appendice CITES (protetto da leggi internazionali contro il commercio di esemplari raccolti in natura) e classificato come "minacciato".
Un'altra tartaruga che vive a Cap Saint Marie ed in altre ristrette aree del Madagascar meridionale, è la curiosa tartaruga ragno (
Pyxis arachnoides). Analogamente alla tartaruga scatola, la tartaruga ragno è in grado di chiudere quasi completamente l'accesso alle vulnerabili parti che contengono la testa retratta, tramite un pezzo di piastrone mobile.
Incontro ancora una tartaruga radiata, con alcuni scuti danneggiati. Nella foto a destra, uno scuto ancora sano.
La vegetazione di Cap Saint Marie è prevalentemente bassa e composta al massimo da cespugli, che a loro volta offrono protezione dal vento e dal sole ad altre specie più piccole.
Nella foto a destra: ovunque sono presenti numerose impronte di
Geochelone radiata. Sopra, un uovo di
Geochelone radiata è stato predato probabilmente da un gatto selvatico.
Una pianta medicinale utilizzata dai locali per curare la rosolia.
Il promontorio termina con una immensa spiaggia dove sono presenti fossili di conchiglie (foto a sinistra) e di uovo di uccello elefante. Quest'ultimo, appartenente ad una specie ormai estinta, era talmente grande da riuscire a contenere ben otto litri di acqua. Alcune uova sono state ricostruite pezzo per pezzo e sono conservate in vari musei o collezioni private.
Grossi cespugli di
Opuntia fra le dune sabbiose della spiaggia.
Visito una grotta presente su un lato della scogliera.
Il grosso masso al centro è considerato sacro dai locali e dopo il parto viene donato il cordone ombelicale a tale entità, come segno di restituzione di qualcosa che appartiene alla Terra.
La grande spiaggia di Cap Saint Marie e le curiose formazioni a terrazza alla base delle scogliere.
Una bella lucertola.
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